Marco amava molto il calcio, sport che fin da bambino, per problemi legati alla sua fragile salute, non poteva praticare. Era un appassionato dello sport in generale. Infatti, non si occupava solo di calcio, ma seguiva tutti gli sport, in particolare basket, pallavolo, pallamano, senza disdegnare quelli minori. Il suo tifo più grande era però riservato solo alla squadra della sua città, il Benevento Calcio. Marco ha trasformato questa sua passione in un lavoro, il giornalismo. A soli 18 anni ha cominciato a scrivere per “Il Quaderno”. Il direttore, Carlo Panella, vedendolo per la prima volta gli chiese: “Vuoi fare il giornalista? Ma sei così giovane! Li hai 18 anni?”. E Marco: “Li ho appena compiuti. Non vedevo l’ora per poter venire qui e chiedere di cominciare. Per me sarebbe una gioia. Fare il giornalista è il sogno della mia vita”. Marco era un giornalista sportivo serio, professionale, ligio al dovere. Anche durante la sua malattia, periodo in cui lavorava per Tele Benevento, ha continuato a scrivere i suoi articoli dal letto di ospedale. Il Comune di Benevento gli ha pubblicamente riconosciuto meriti dedicandogli la Sala Stampa dello Stadio della città.

 

Seguendo le orme della mamma, Marco a 17 anni è entrato a far parte dell’A.V.O., l’Associazione Volontari Ospedalieri, nella quale oggi opera la sorella Valentina. Generoso di natura, si rivolgeva con premura e affetto alle persone ammalate. Era capace di donare loro sostegno e conforto con la sua parola e il sorriso che sempre lo accompagnava. Ha continuato a prestare assistenza ai malati dell’ospedale Fatebenefratelli della città finché le forze glielo hanno permesso. I volontari dell’A.V.O. sono detti anche “angeli in corsia” e ora Marco più che mai è per tutti noi un angelo. È stato “volontario” anche durante i suoi ricoveri a Roma, dove, nonostante i delicati interventi, ha portato lui stesso un sorriso e una parola di conforto agli altri degenti.

 

Marco, cresciuto in ambienti ecclesiali, formato alla fede cristiana dal grande esempio della mamma Rita, manifestava il fascino che il mistero dell’Eucarestia produceva in lui. Ha frequentato col suo papà un corso per diventare ministro straordinario della Comunione. E così, la domenica mattina, si recava dagli ammalati per portare la Santissima Eucarestia. Era il suo contributo personale per la crescita del Regno di Dio su questa terra, un servizio svolto con impegno e passione. Purtroppo, però, la malattia non gli ha concesso di praticare molto questo ministero.