Marco Santamaria nasce a Benevento il 13 giugno 1987. La sua infanzia è segnata dalla profonda religiosità della famiglia, soprattutto della mamma Rita che è il perno morale intorno al quale ruota tutto. Marco cammina sulle stesse orme e ancora fanciullo si consacra alla Madonna nella Milizia dell’Immacolata dei piccoli.

Ci tiene molto a servire la S. Messa e diventa un esperto della liturgia, facendo da guida a tutti gli altri chierichetti. Crescendo entra a far parte del gruppo della Gioventù Francescana dell’Immacolata della chiesa di San Pasquale e della GIFRA (Gioventù Francescana) della chiesa di san Francesco di Benevento. Anche l’Azione Cattolica lo vede tra le sue fila in qualità di responsabile diocesano del MSAC (Movimento Studenti Azione Cattolica).


Si distingue per la coerenza della sua fede che diventa concreta in tutto quello che egli fa, per la maturità di molto superiore alla sua età, per il suo altruismo “costituzionale” sul quale si innesta un amore sincero e profondo per Gesù e per il prossimo. Ciò lo porta a dimenticare sé stesso e ad essere concentrato costantemente sui bisogni di chi gli sta vicino, soprattutto se bisognosi o ammalati.

Sull’esempio della mamma diventa ministro straordinario della Comunione e volontario dell’AVO (Associazione Volontari Ospedalieri), distribuendo aiuto, sorrisi e coraggio a tanti malati. Marco sa coniugare la sua profonda religiosità con gli interessi tipici della vita di un giovane: è impegnato nello studio, ama lo sport, impazzisce per la squadra del Benevento, sa divertirsi, ha tantissimi amici, e tra questi si sceglie anche una fidanzata, Carmen, che condivide i suoi stessi ideali e la sua stessa fede. La sua passione per il calcio lo porta a intraprendere giovanissimo l’attività di giornalista sportivo.


Nel fiore della sua giovinezza una grande sofferenza segna la vita di Marco: la malattia, con l’inevitabile susseguirsi di dolori e mortificazioni, e infine la morte della mamma Rita, alla quale il giovane era profondamente legato oltre che per motivi di affetto naturale, anche per la sua esemplarità, la sua fermezza nella fede, la sua coerenza. Marco era la copia, persino migliorata e corretta, della sua mamma e i due erano uniti oltre che dai legami di sangue, dagli stessi ideali. Egli vive questa terribile prova con la fede invitta che lo caratterizza: non piange, non si lamenta, non si ribella. Rimane sereno pur nell’immensità del dolore e dimentica sé stesso per prendersi cura del papà e della sorella minore Valentina.

Appena un anno dopo la scomparsa della mamma, comincia la via crucis di Marco, che scopre di avere un cancro. Ricoveri, interventi chirurgici, chemioterapia, si susseguono ma trovano Marco sempre sereno, con il sorriso sulle labbra, abbandonato alla volontà di Dio, dimentico di sé e concentrato sui bisogni degli altri, sempre superattivo. Lo chiamano “Marcolino sempre in piedi” per la sua forza, per la sua capacità di non abbattersi mai e di affrontare le difficoltà con il suo solito sorriso.


Il suo stato di salute peggiora sempre di più. Si continua a chiedere per lui la guarigione, ma egli è pronto anche ad accettare la morte, con coraggio e serenità. Una settimana prima della sua morte, infatti, si rivolge così a mons. Andrea Mugione, Arcivescovo di Benevento, che gli fa visita in ospedale: «Non pregate per la mia guarigione, ma perché si compia in me la volontà di Dio e per la grazia di una buona morte».


Il 19 maggio 2010, circondato dall’amore dei suoi cari e da diversi sacerdoti, durante la recita del S. Rosario, Marco lascia questa vita terrena ed entra nella Luce di Dio Padre.