LA LETTERA DELLA MAMMA

Caro Marco, eccoci arrivati finalmente al fatidico giorno, quello che tanto aspettavi e tanto hai sognato: il giorno del tuo diciottesimo compleanno. Voglio ripercorrere, Marco, in maniera breve i momenti più salienti della tua vita fino ad ora. Il tuo concepimento e la tua nascita sono stati un atto mistico voluto fortemente dal Signore in quel periodo. Se da una parte c’erano i miei problemi di salute, entravo e uscivo dall’ospedale, dall’altro c’erano le mie uniche compagnie: la paura e la certezza che invisibilmente mi accompagnavano Gesù e la Madonna. Poi, stranamente, quel sogno fatto tra la notte del 24 e 25 Aprile. Un uomo particolare, vestito in modo particolare, mi dà un pacco, una specie di fagotto avvolto in un qualcosa di celeste. Io apro il pacco e vedo un bimbo, alzo lo sguardo e riconosco l’immagine della Madonna che piangendo mi addita il Rosario. Mi giro e quell’uomo mi fa vedere scritto il suo nome, san Marco, un santo per me fino ad allora sentito solo nominare, ma mai visto. Incredula, il giorno dopo andai in chiesa e raccontai tutto al sacerdote, il quale prese la figurina di un santo e me la mostrò. Quale meraviglia provai quando vidi che era lo stesso uomo che avevo sognato. Solo che allora ancora non avevo compreso il significato della Madonna che piangeva, l’avrei capito più avanti in maniera terribile.

A otto mesi, precisamente il primo maggio, volevi nascere prima, tanto che mi hanno tenuto in ospedale per un mese, definendoti un bimbo precoce, vivace, attivo e deciso. E così era, perché il 13 giugno decidesti che dovevi nascere e l’hai fatto capire in maniera non consona alla realtà. Quella terribile esperienza in sala operatoria e quel viaggio a ritroso da quel tunnel lungo, buio e lontano, e sentirmi dire “Rita, reagisci, datti da fare, è nato Marco ed è proprio vero che è fortunato, perché è nato con la camicia”. Da lì è iniziato il nostro calvario, io stavo male e tu avevi bisogno di tante cure. In quelle condizioni per me è stato difficile aiutarti a crescere con papà che stava fuori tutto il giorno per lavoro. È stato difficile perché affianco a una situazione tanto assurda si è aggiunta anche la tua grande nemica: l’asma allergica. Non sei cresciuto come ogni normale neonato tra coccole, vizi e giochi, ma facendo la spola da un dottore all’altro, da una città all’altra, alle ore più disparate del giorno e anche della notte per i tuoi e i miei controlli clinici.

Sei cresciuto assumendo quotidianamente, fino a qualche anno fa, Bentelan e Zirtec in dose massiccia e sottoponendoti ogni 4 ore alla mascherina. Non hai mai potuto fare sport, ma soprattutto giocare a pallone, proprio tu che hai imparato prima a calciare e poi a camminare. A 15 anni il cardiologo, il dottor Moscatiello, in un ennesimo controllo, vedendoti piangere ti disse in maniera brusca: “Piccirì, tu non sei nato pe’ fa o sportivo, ma pe’ fa l’intellettuale”. Ed è così. Tu sei stato sempre colto, ti sei sempre interessato di ciò che succedeva nel mondo, attraverso il televideo, i quotidiani e soprattutto già così piccolo ti piaceva leggere il giornale “La Repubblica”. Hai sempre studiato con piacere, per te è un gioco; non ti ho mai dovuto dire “Marco, vai a fare i compiti”. Tuo padre ti adora, non ti ha mai dato uno schiaffo tranne quando eri piccolo e combinavi qualche marachella. A 4 anni ci chiedesti per Natale come regalo una “fratellina”. A 5 anni celebrasti per la fratellina la prima messa in casa, usando delle patatine bianche e della coca cola, simbolo del Corpo e del Sangue di Cristo. Con Valentina ti sei sempre sentito responsabile, coltivando le sue amicizie con persone che avessero fratelli o sorelle della stessa età per conciliare feste e uscite insieme. Crescendo, insieme a te cresceva anche la tua asma e con essa tante proibizioni, tante limitazioni e tante negazioni per te così vivace che ti divertivi anche semplicemente giocando con palline di carta fatte da te o con piccole molliche di pane.

Quanti schiaffi, quanti rimproveri, quanta durezza per evitare che ti piangessi addosso e, ogni qualvolta ti vedevo gettare la spugna, io ero costretta a dirti: “Sei esagerato, ci sono persone con problemi più seri dei tuoi”. Allora tu per farmi dispetto ti riprendevi, reagivi e ritornavi il ragazzo allegro e vivace che sei. La fede che professo, Marco, lo sai, mi impone di guardare con gli occhi della fede le cose che non posso capire o che non riesco a spiegarmi e quando tu mi chiedevi: “Mamma, perché Dio ha permesso questo proprio a me?” io, per paura che tu potessi avercela con Lui e non sapendo cosa risponderti perché troppo piccolo, ti davo uno schiaffo e tu mi cacciavi quei lacrimoni bianchi e grossi, trasparenti come diamanti, che solo tu sai versare. In te cresceva sempre più la voglia di gettare la spugna, di lasciarti vincere, e io lì a costringermi a essere severa, dura, fino a dirti “Sei l’eterna delusione”, frase che tu tanto odi, ma che allo stesso tempo ti faceva reagire e dire “Mo ti faccio vedere io”. E io, soddisfatta, senza dartelo a vedere, dicevo: “Dio, ti ringrazio”. Così sei cresciuto buono, sereno, educato, con la voglia di vivere la vita a 360° e non a subirla.

Hai tante belle e rare qualità, tanto da essere chiamato dai tuoi professori e dalle tue amiche “un ragazzo all’antica, galante, serio e rispettoso, un cavaliere dell’Ottocento”. Quindi, Marco, se le avversità che hai avuto ti hanno fatto diventare quello che sei, ben vengano queste avversità per farti restare quello che sei. L’augurio che ti faccio sempre sai qual è: non è quello di avere una posizione o un lavoro megagalattico, ma è quello di conservare sempre la tua amicizia con Gesù, perché quando hai Lui dalla tua parte, tutto il resto viene da sé, anche il trovare una persona che ti voglia bene al pari di me, papà e Valentina. E ora, poiché quando sei nato non ti ho potuto dare il benvenuto come io avrei voluto, vorrei farlo stasera per i tuoi 18 anni che ti avviano nella tua vita di giovane adulto, e poi successivamente ti vorremmo dedicare, con l’aiuto delle tue care compagne, una canzone che ti faccia capire quello che sei per noi.

Auguri, Marco.

la tua mamma
(Benevento, 13 giugno 2005)

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