Marco è un ragazzo sincero e trasparente. Due parole difficili che porta in dono a tutte le persone che incontra. Seduti sugli spalti dello stadio Santa Colomba guardiamo insieme la partitella del giovedì. Io ho una videocamera in mano, Marco una penna. Non ho mai capito niente di calcio, faccio domande stupide, ma lui non me lo fa pesare. Passa in rassegna tutti i giocatori descrivendone posizione e indicandoli col dito per facilitarne la comprensione. “Cejas, lo vedi quello lì, con i capelli lunghi. Ha iniziato il campionato male. Avrà qualche problema in questo periodo. Anche Castaldo è strano, pensieroso. Una delle punte di questa squadra andrà via, chissà chi e soprattutto quando…”. Badare all’umore. E’ la forza della sua analisi. Doti tecniche sempre ben salde nella mente ma secondarie rispetto al classico “fattore psicologico”. Un quaderno e una penna, dicevo. Appunti. Righe su righe. Getti di inchiostro ricolmi di passione per il calcio e lo sport di squadra, il suo preferito. Vuole vedere il Benevento nella serie “B”, costi quel che costi. I numeri ci sono tutti e le speranze pure. Il direttore sportivo, il presidente e tutto l’entourage siedono nell’anello superiore dello stadio. Alle loro spalle giornalisti e sostenitori si aggirano come iene intorno alla carogna. Marco è giù, seduto sui gradoni di cemento dell’anello inferiore. Mi fa un cenno con la mano appena arrivo. Maglia rossa, sorriso smagliante, schiocco di baci e mano ben stretta alla mia a mezz’aria. Grande accoglienza. Tre giorni fa era a letto, oggi è già operativo. Si confronterà dopo con i suoi colleghi e con il suo fedele punto di riferimento, il direttore sportivo Mariotto. Il nome viene spesso pronunciato come una filastrocca, la voce cade sulla prima “O” e suona le due TT come una musica. Evacuo arranca sulla fascia. Marco segue la sua faticosa corsa come un cecchino in attesa della sua preda. Vuole capire. Non ha voglia di scrivere un risultato a penna. Vuole sapere il motivo per cui quell’attaccante non ha voglia di correre. “Tutti a pensare ad Evacuo, mah… è Clemente la carta giusta per entrare in B, guarda come sta in forma!”. Come i grandi giornalisti non perde di vista l’ambiente in cui si trova. Alla nostra sinistra pensionati e perdigiorno pronti a bofonchiare ad ogni tiro sbagliato: “Va a zappà!”. Quella frase rimbomba sulle gradinate. Marco sorride. Erano giorni che non vedeva la sua squadra giocare. Oggi vuole sforzarsi, vuole dare importanza ai particolari per dare l’impressione al lettore di essere stato lì accanto a lui. Potrebbe scambiare opinioni con i veterani del mestiere, e invece no. Parla con me. E’ il concetto dell’altruismo. Mettersi nei panni dell’altro. Ho difficoltà a seguire l’allenamento, non conosco regole, ma nemmeno i ruoli, i giocatori e le loro qualità. Marco descrive tutto minuziosamente per farmi capire. Una missione. E’ questo che mi ha insegnato. La cristianità, quella vera. La carità, quella vera. Mettersi nei panni dell’altro quando è in difficoltà., sempre anche davanti alle banalità.

Lorenzo Palmieri

“Purtroppo mancherà in tribuna stampa Marco Santamaria, prematuramente scomparso”, riferisce Marco Tiso intervistando l’attaccante del Benevento Gigi Castaldo, impegnato dal 23 Maggio nei play off per la promozione alla serie B: ”La grave notizia ha colpito tutti noi. Una grande persona, un bravo ragazzo nonché un apprezzato giornalista che ci lascia. Per quel poco che possiamo - accenna il calciatore - vista la sua vicinanza al Benevento, ce la metteremo tutta per vincere anche per lui”. Così “Il Mattino” nell’odierna pagina locale. Poco fa Radio Marte Sport, nella striscia quotidiana dedicata al Napoli, si stringeva alla famiglia presentando via etere le proprie condoglianze, misurate e non di circostanza. Marco aveva appena 22 anni. Conosco il padre, una persona umile e vera, vedovo da 3 anni. I funerali sono una straordinaria lente d’ingrandimento delle comunità locali. La chiesa di San Francesco in Piazza Dogana era gremita. Si respirava il dolore della perdita, e tuttavia la commozione che prendeva alla gola e s’insinuava negli occhi, a cominciare da una bellissima omelia del vescovo, affranto e partecipe, non mero officiante, lasciava spazio ad un senso di pace insolito per queste occasioni. Marco aveva sussurrato qualche giorno fa: ”Se Dio vorrà guarirmi, bene. Altrimenti sia fatta la sua volontà”. Il vescovo ricordava l’esperienza di un bambino stroncato dalla leucemia a 10 anni, trattenuta in un biglietto conservato dalla nonna. Oscar aveva scritto: ”Iddio è l’unico che ha il diritto di risvegliarmi”. Non l’ha fatto e nessuno è in grado di penetrare il mistero della vita e quello asimmetrico della morte. Quel che posso dire io è che in queste occasioni si ha la misura della comunità, della piccola città, dove nessuno è numero. Magari messo in croce e tiranneggiato, ma mai solo. Capita a molti di noi di sentirsi soli, fraintesi ed incompresi non sul piano umano bensì su quello intellettuale. Ma è certo che in una città come Benevento è difficile sparire senza lasciare traccia. O permanere senza il desiderio di immedesimarsi. Rafforzare per vie diverse un’idea di buona comunione. Convivialità delle differenze, le chiamava don Tonino Bello e le riferiva alla sostanza trinitaria del Dio cristiano. Sentivo gli amici volontari dell’AVO raccontare che Marco continuava a dedicarsi ai sofferenti anche sapendo del male che lo aggrediva. Marco è spirato, seraficamente per quel che se ne sa, alla compieta del 19 maggio, circondato dall’affetto reciso dei congiunti e dei francescani, in veglia accanto a lui, ed ha respirato l’amore della sua comunità imperfetta prima dell’ultimo viaggio terreno.

Peppe

Se adesso posso definirmi un ragazzo più saldo nella fede lo devo a due cose, alla santa educazione che mi hanno impartito i miei genitori ed all’esempio di altri cristiani che sono stati migliori di me. Di cristiani che a Dio non hanno mai voltato le spalle, che ad offese rispondevano con un sorriso, che con coraggio accettavano dure sofferenze e a te mostravano ancora quel sorriso e tendevano la mano. Di quegli stessi cristiani, che riponevano in Maria tutta la loro persona, che si servivano di quest’unica Scialuppa di Salvataggio per solcare le onde di questo mare di tentazioni che voleva annegarli. In mano un rosario, alta la testa, enorme sorriso, anche tu, Marco, eri uno di questi. Una lampada posta sopra il lucerniere per molti. In una vita spesa tutta per i tuoi coetanei. Adesso sì che hai raggiunto la tua amata metà, la tua gioia infinita, quello che hai sempre desiderato, la tua Mamma Celeste. Da lassù vorresti continuare ad aiutarci, anche se hai già fatto tanto per molti. Continua ancora a seguirci, ad aiutarci, ad indicarci ciò che è meglio se puoi. Ed io insieme a molti, ti dico grazie. Grazie per tutto quello che hai sofferto su questa terra non solo per te, ma per tantissimi altri che con te hanno finalmente iniziato a percorrere i binari della fede in modo giusto e saldo. Grazie a te, Marco!

Giuseppe

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